Sibelius e Verdi (Luigi).3

Sibelius e Verdi (Luigi).3
di Luigi Verdi

Di tutti i negozi di dischi a Bologna, il luogo sicuramente più ‘mitico era’ Bongiovanni in via Rizzoli. Il negozio non era grande, c’era una commessa e poi in fondo lui, Giancarlo Bongiovanni con la sua caratteristica barbetta, considerato un oracolo; ciò che aveva in più degli altri negozianti era che consigliava, descriveva i prodotti e non discriminava i clienti tra ricchi e poveri. Acquistai da lui, attorno al 1975, un disco Supraphon (SUA 10538) intitolato Tone Poems after Shakespeare, dove erano inclusi Romeo e Giulietta di Tchaikovsky (così traslitterato dal cirillico), King Lear di Berlioz, The Tempest di Sibelius e Macbeth di Smetana. La Supraphon era una marca di dischi ceca (Made in Czechoslovakia) piuttosto ambita perché i 33 giri costavano pochissimo (venendo da un paese dell’Est Europa) ma erano comunque molto buoni e apprezzati. La musica era sempre eseguita da un’orchestra e da un direttore cechi, difatti in questo caso erano la “Prague Symphony Orchestra” diretta da Václav Smetáček. La serie SUA era ‘mono’, quindi economica, da distinguersi da SUA ST, che era ‘stereo’. Si capiva che erano prodotti destinati al mercato internazionale, perché non recavano diciture in lingua ceca. I titoli erano in inglese e in russo, mentre le note illustrative erano in inglese, russo, tedesco e francese. Il nome dell’autore delle note illustrative sul retro della copertina del disco Tone Poems after Shakespeare era riportato assai in piccolo su un bordo: Text © Ludmilla Vrkočová 1963, mentre l’immagine della copertina riproduceva un castello inglese (Cover © O. Straka 1963). Le note di copertina erano molto generiche. Per quanto riguarda il brano di Sibelius era scritto: “Jean Sibelius (1865-1957) is the foremost representative of Finnish music. The overture from the incidental music to Shakespeare’s The Tempest was composed in 1925-26. The music setting of a storm at sea with its explosions and calming down was nearest to Sibelius’ mood” (senza spiegare cosa fosse il ‘Sibelius’ mood’).

In realtà acquistai il disco perché allora mi interessava soprattutto Smetana, tanto che sulla copertina del mio diario avevo stampato in caratteri grandi e ben leggibili il nome di “Bedřich Smetana”. Non so il perché, ma in quegli anni ascoltavo con insistenza musica del compositore boemo o, come si diceva allora, cecoslovacco; non sapevo se si pronunciasse Smètana o Smetàna, né se il titolo della sua composizione più famosa si pronunciasse Mòldava o Moldàva (dal nome del fiume che attraversa Praga): preferivo l’accento sdrucciolo per poi scoprire, anni dopo, che era corretto l’accento piano. In Italia si usa talvolta Mòldava perché Dante nel canto VII del Purgatorio citò quel fiume chiamandolo Mòlta.

Di quel disco Tone Poems after Shakespeare, finii per ascoltare più spesso proprio il brano di Sibelius che mi sorprese non poco. Difatti aveva apparentemente ben poco a che fare con i brani che già conoscevo, in quanto vi risuonavano continue successioni di ‘seste aumentate’ che gli conferivano un ‘sapore’ particolare. Si trattava di una delle sue ultime composizioni (1925), scritta circa trentacinque anni dopo i suoi esordi come compositore. Il titolo più esatto del brano sarebbe stato Prelude to The Tempest (musica di scena op. 109, da cui Sibelius trasse poi due suites). La musica di The Tempest era quasi contemporanea alla Sinfonia n. 7 op.105 (1924), che già conoscevo, e al poema sinfonico Tapiola op.112 (1926), considerato la sua ultima composizione, che però ancora non ‘avevo’. Mi misi quindi alla ricerca di Tapiola, che mi incuriosiva molto, anche per il misterioso titolo esotico. Delle varie proposte discografiche, una particolarmente mi allettava: un’edizione mono con la sigla Ace Of Clubs (ACL 76), facente capo alla Decca Records. Qui Eduard van Beinum, alla testa della Concertgebouw Orchestra Of Amsterdam, dirigeva i poemi sinfonici En Saga op. 9 (1892) e Tapiola op.112 (1926). Era un disco interessante perché comprendeva la prima composizione sinfonica importante di Sibelius e l’ultima, quindi si sarebbero potute ‘assaporare’ le differenze di scrittura nell’arco di 35 anni (anche se En Saga circolava solo in una revisione del 1902, piuttosto diversa, sembra, da quella originale, registrata solo nel 1995 da Osmo Vänskä con la Lahti Symphony Orchestra). Oggi su youtube ci sono possono ascoltare entrambi le versioni, sono cambiati i tempi!

Avevo acquistato proprio in quegli anni, attorno al 1973, la Guida all’ascolto della musica sinfonica di Giacomo Manzoni, che divenne la mia ‘bibbia’ per un certo periodo, in cui si evidenziava l’importanza di En Saga come prima prova sinfonica di rilievo del compositore. Inoltre per me la dicitura ‘poema sinfonico’ era diventata garanzia di qualità e meraviglia, cioè un ‘poema sinfonico’ doveva essere per forza ‘bello’ e, in generale più comprensibile di una sinfonia per il suo intento descrittivo. Circolavano tuttavia in quegli anni delle idee ‘avanguardiste’ per cui il poema sinfonico era considerato un genere di ‘serie B’ quindi , proprio in quanto descrittivo, testimoniava una certo limite nel creare musica ‘pura’, avendo bisogno il compositore di una suggestione esteriore, ad esempio un paesaggio naturale o un testo letterario. Il descrittivismo non andava assolutamene bene: non posso citare quale fosse la corrente di critica musicale che aveva questa impostazione, generalmente accettata in quanto sufficientemente ‘snob’.

(continua…)

Share Post